“Una poesia è un esercizio di dissidenza, una professione di incredulità nell’onnipotenza di ciò che è visibile, stabile, appreso. Non c’è vera poesia che non faccia del soggetto un fuorilegge.” — José Tolentino Mendonça
Poesie
(teatro)
Entra l'attore, buio in teatro
abito bianco la luce si sente
incartapecorito, l'orlo unto
i piedi nudi li striscia li pesta.
Nella destra un libro, stretto chiuso
una sigaretta nella sinistra
è accesa, lenta segue quel fumo
la prima scena dell'ultimo atto.
Andrà a fuoco il teatro,
ha pensato tra il pubblico
un uomo solo.
(piano inclinato)
non è corretto quando il tuo corpo
di tutte queste idee lo circondo
mi sposti le cose le luci intorno
come i poli come fanno le pile
come i mulinelli le fiamme vive
sembra che tutto il contorno s'inclini
che la mia figura mi scivoli
Giglio Bianco
1.
Non ti ho persa
chiara luce dagli occhi tristi
perché non ti ebbi.
Mirabili esempi come romanzi
copertine nuove
poesie accartocciate e gettate via.
Hai visto io amo
spargendo d’amore senza rimedio
i pensieri troppi
sparigliati glaciati nella realtà.
Ricordo ancora
la tua città le luccicanti uscite
i destini legati
queste due anime coincise da sempre
per sempre
come sempre.
2.
Ho lasciato a te
costruire la storia per amarti e
farmi amare ma
come i bambini voglio imparare
come funzionano le cose
le apro e ci guardo dentro
che ecco le rompo.
Spero che nessuno più ti faccia questo
e si faccia questo
mio tenero giglio
mio bianco ricordo.
Promesse e paure
rubammo pomeriggi all’eternità
canzoni gentili
crudeli interpreti delle verità
fummo amenità.
E creammo mondi
per primo il nostro che cesellammo di
sogni e racconti
chiamando a testimoniare la luna
pallida astante
della potenza nostra impenitente.
Fummo noi il destino
amore fantolino
eterno e per sempre
tanto tanto e di più.
3.
Duellò con un bacio ma dato ad altri,
la vita temuta
la fiera perdente dai rari sorrisi.
Con le parole è
difficile sempre piccola mia lo so.
Sono la tua luce sopprimo inizio
fine e ragione.
Non si spiega il nulla
con le parole.
Ma si rivela.
(la notte)
È uno spazio vuoto, negativo
mi si espande la notte da sveglio
tutti gli echi di cose non dette
quelle irricevibili risposte
ci sovvengono
fuse in un sogno, d’ubriacarsi
attori che mancano il bicchiere
così lecchiamo vodka sul tavolo
non possiamo più uscire dal ruolo
ci sveglieremo
(2022)
(amore a distanza)
Un amore gli strappò via il viso
le mani, gl'occhi, infine la voce
rise di loro, dei loro motivi
quell’anima chissà, mai stata sua
riecheggia nella cabina della Sip
Lo pianse solamente per due giorni
fu lui a rimestare, nei cassetti
tenne una ventina di foglietti
il dolore è saggio, fa di conto
gettoni risparmiati nelle tasche
(la distanza permette
un abbraccio più grande)
(2005)
D’io
Dio che male fa
questa guerra Dio
non riesco ad ascoltare i tuoi
oracoli Dio
cose ne ho, io?
pure oscene nude, e senza Dio
Avrei bisogno
di un giorno Dio
vedere il tuo mondo, pantomima
e bisogno di
un secolo Dio
per due versi in fila, una rima
Dio
ma poi che cosa
Dio
ti parlo a fare
io
Se d’arte
Se d’arte farai
vita
opera e vanto
dissenso
respiri e foglie
un albero fiero e longevo
si piegherà d’arte di vento
L’arte sarà il suo amore
arte il mondo, arte o nulla
fluida l’ombra, il godere
del bacio e del pianto e di lei
Stillicidi luci buchi nel cielo
ma solo fatti dei nostri colori
La notte le stelle saremo
scarabocchiati, ma insieme
Ora ancora
quanto ho riletto le mie poesie
vecchie poesie, poche, troppe, stronze
e troppo poesie, quasi fantasie
sognando dei lettori come me o
quei lettori con un bisogno di me
poi un giorno bastò, un mercoledì
leggendole a voce l'ho intuito
ricordo un odore di bruciato
dei pensieri dei fogli quegli scritti
quelle due o tre rime buone quelle
che ho tenuto, per ricordare che
da allora mi sembra di star meglio
la certezza che non fosse poesia
chi legge chi scrive, indifferente
vivere non richiede ingordigia
sarò più terreno, meno stupido
fino a quando non
rileggerò questa
cosa che ho scritto
ora
ancora
Sudare versi
1.
Volessi sudare versi sublimi,
dovrei tacere, dormire cent’anni,
non guardare voi, gente, negli occhi,
non sentire le voci, le parole,
non avere orari, né impegni.
Potrei vivere solo col cielo
e non sapere.
Potrei mangiare solo dagli orti
e non parlare.
Potrei sognare di bestie serene
e non amarle.
2.
Perché la mente ancora straparla,
che l’ho cresciuta tra i palazzi,
ha giocato correndo per cantine,
bidoni, marciapiedi, scatoloni,
ne fece astronavi e battaglie.
Scrisse un nome di bambina,
nel suo diario,
cibò la poesia senza saperlo,
fatta di grigi,
di nebbie, polvere e soliloqui
poco sublimi.
3.
Ma così poco,
da tanto amarli nei ricordi.
(al mio paese)
Ho smesso da tempo
di dare la colpa a questo paese
e perdonatemi se dico paese
pensateci piuttosto
fate una passeggiata
in Via Roma, alle tre del mattino
verso Piazza Garibaldi e da lì
per tutto il corso, fino al parco
all’incrocio con il viale, fermi,
guardate indietro
e trattenete un sorriso
se ci riuscite.
Prima stesura (1994) con lacrima al posto di sorriso.
Novemetri
Desiderò nessun legame
e impaziente
slegò ogni desiderio
da un enorme silenzioso albero
di radici profonde irremovibili
decine di anni
Partì solo
un novemetri francese
leggero veloce e con
un quaderno e una matita
e due libri e in attesa
di quel vento
a spingere un albero nuovo
dalle ampie foglie
senza radice alcuna
degli altri indifferente
Notti all’aperto
piogge sul viso sul corpo nudo
burrasche sottocoperta
a cantare a squarciagola
aggrappato sul carteggio
vomitando l’inabitudine
al nuovo amore
Cesenatico (1994)
Nuova stesura (settembre 2020)
Senza necessariamente
Talvolta
ci si dimentica di cose
cose lontane
il profumo delle tempeste, dopo
sui prati in cui l’erba s'asciuga
l'abbaglio delle nevi sulle creste
tra i palazzi dai viali in città
cose vicine
un'automobile in panne, forse
il cofano alzato e un uomo
nel suo cappotto aperto che fuma
la sigaretta la fiamma un viso
appoggiato alla portiera chiusa
e senza necessariamente
aspettare qualcuno
che lo aiuti.
E il mare tra noi
Non lo vidi subito il fascino
di quel bagno nero in quella notte
riflessi d'acciaio d’Adriatico
sonnolente e stanco che sembrava
allungarsi sulla pelle dei corpi
E dentro le dita dei piedi lenta
la sabbia, quando dorme, come fango
strisce fredde d'acqua a vorticare
spalle mani bocche si cercarono
uscimmo scorrendo perle brividi
Rammenti, mare, l'età la libertà
degli occhi nudi che si cercano
sentono e tuttavia non lasciano
l'acqua del mare, sei tu che scivoli
tra un corpo e l'altro sempre. Sempre.
Ci abbracciammo
e insieme stringemmo
il mare tra noi.
(2013)